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RESTAURO DI STRUMENTI MUSICALI STORICI

Si è molto dibattuto nel secolo scorso, e si dibatte tuttora, sulla scelta dei criteri da seguire nelle operazioni di restauro di opere d’arte. Le opinioni rimangono per certi aspetti spesso divergenti, anche se alcuni punti generali, come ad esempio la preventiva indagine storico-filologica e l’analisi dei materiali, la conservazione degli elementi originali, la reversibilità degli interventi, la riconoscibilità delle reintegrazioni, vengono accettati concordemente.

Superato il convincimento che il restauro sia un’operazione atta a restituire all’opera la sua presunta essenza originale per conservarla il più possibile immutata ed immutabile, oggi si pensa al restauro non come ad un punto fermo cui giungere, uno stadio definitivo nel quale fermare e conservare l’opera, ma piuttosto come ad un momento della sua vita. Un momento che, visto nel futuro come una tappa della sua storia, dovrà evitare il più possibile di cancellare le tracce del suo passato.

Al di là di queste considerazioni, nel caso del restauro di uno strumento musicale sorgono inevitabilmente perplessità che riguardano il ripristino della sua funzionalità sia sonora che meccanica.

Nel passato, per gli strumenti musicali non venivano comunemente concepite operazioni di restauro conservativo ma piuttosto operazioni di riparazione, “rimesse a nuovo”, interventi atti a modernizzare, ad adeguare lo strumento al gusto del momento, sia per quanto riguarda l’aspetto estetico che le caratteristiche sonore.
Così ad esempio il mobile di un pianoforte, in origine trattato ad encausto, veniva verniciato a gommalacca, quello lucidato a gommalacca subiva una “rinfrescatura” con vernici cellolosiche magari applicate a spruzzo, quando non veniva addirittura raschiato per sostituire la vernice originale con una sintetica. Non di rado si decideva di nascondere bellissime lastronature o impiallacciature di legni esotici con una brillantissima vernice nera al poliestere, per far ringiovanire lo strumento e farne conseguentemente aumentare il valore commerciale.
Anche per quanto concerne l’apparato meccanico i più seri e professionali criteri di manutenzione hanno sempre consigliato l’eliminazione sistematica di elementi che presentassero usura e addirittura la sostituzione di parti ancora in buono stato con materiali più “moderni”.
Trovare un pianoforte storico che conservi le sue parti originali si rivela ai nostri giorni sempre più raro.
La tendenza attuale, per quanto concerne esemplari storici unici o comunque di rilevantissima importanza, è quella di provvedere semplicemente alla loro conservazione, trascurando la possibilità di ripristinarne la funzionalità, al fine di conservare nei minimi particolari non solo gli elementi materiali e strutturali ma anche le loro interrelazioni e di studiarne i processi di modificazione fisiche e chimiche intervenuti con l’uso e nel tempo.

In presenza di strumenti musicali storici che non rivelino invece tali caratteristiche di unicità le opinioni relative ai criteri da seguire per il restauro divergono.

Le divergenze sono alimentate da un lato dal desiderio di ricreare ad ogni costo quelle condizioni materiali e fisiche necessarie al raggiungimento di ideali sonori, e dall’altro da quello di conservare la materia, pur alterata dal tempo, nello stato in cui si trova, per giungere solo in casi estremi alla loro eliminazione, e ad adottare compromessi solo se assolutamente indispensabili alla riacquisizione della funzione per la quale lo strumento musicale era stato creato.
Per quanto riguarda il comportamento seguito durante il restauro di strumenti per i quali è stata richiesta la sovrintendenza da parte della Fondazione Musicale Masiero e Centanin, ci si è attenuti più a questo secondo proposito, anche nel convincimento che la cosiddetta reversibilità delle operazioni, tanto obbligatoriamente richiesta, possa cancellare a volte, o almeno in parte, l’essenza delle cose, con  rischio di alterazioni e perdita di sostanza storica.

Nelle operazioni di restauro è stata richiesta  la conservazione di tutti gli elementi costitutivi dello strumento, anche se appartenenti ad interventi successivi alla sua costruzione e prodotti da mani non esperte.

In caso di sostituzione di elementi irrimediabilmente deteriorati ed assolutamente impossibilitati a svolgere il loro ruolo, si è provveduto naturalmente alla catalogazione e conservazione di detti elementi non utilizzati. Ciò allo scopo, in altre parole, di conservare il più possibile  il “tempo vita” dell’oggetto, la storia naturale calatasi in esso, che lo carica di valore espressivo.

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